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lunedì 15 marzo 2021

UN ALTRO GENERE DI CONI: Il caso Lara Lugli. Facciamo chiarezza.


In questi giorni si parla molto del caso
Lara Lugli, la pallavolista del volley Pordenone citata per danni dalla sua società perché rimasta incinta. L'unica cosa chiara della vicenda è che in pochi hanno chiaro cosa sia successo e cosa succede da sempre nello sport femminile.

In Italia le atlete sono tutte dilettanti, non avendo accesso alla legge 91/81 che regola lo sport professionistico. Gli sport professionistici in Italia al momento sono solo 4: calcio, basket, golf e ciclismo, e solo per gli uomini. Questa legge, che è vecchia di 40 anni, lascia alle Federazioni sportive la libertà di scegliere se le loro atlete e i loro atleti possano avere contratti professionistici o meno. 

La situazione è grave. La nuova riforma dello sport, seppur con qualche miglioria, non obbliga le Federazioni a tutelare le loro atlete e i loro atleti. La prassi attuale si fonda sulle scritture private, che non sono contratti e che oltre a non offrire alcun tipo di tutela, come il pagamento dei contributi o gli infortuni, includono le purtroppo famose "clausole anti-maternità". Queste clausole prevedono la rescissione automatica dei "non contratti" nel caso l'atleta rimanga incinta. 

Le atlete di Mondovì e Macerata in solidarietà a Lara Lugli

La situazione di Lara Lugli se possibile è ancora più paradossale. Lara ha firmato una scrittura privata con la società Volley Pordenone. All'interno di questo non contratto c'è la clausola anti-maternità.Nel marzo 2019 Lara scopre di essere incinta, lo comunica alla società e il suo non contratto viene stracciato. Da quel momento l'atleta rimane di fatto senza lavoro. Poco dopo subisce un aborto spontaneo, ed è importante dirlo perché il rispetto per la donna viene distrutto dai fatti successivi. 

Lara chiede alla società, attraverso un’ingiunzione di pagamento, che le venga dato il suo rimborso spese (non stipendio, perché di fatto non ha un contratto), per il mese di Febbraio, in cui ha lavorato e dato il suo contributo alla squadra. 


Dopo questa richiesta la società Volley Pordenone la cita per danni, basandosi su una scrittura privata che lei stessa ha stracciato nel momento in cui Lara ha comunicato la gravidanza. 

Le motivazioni della società sportiva sono ancor più assurde: Lara non ha onorato il "contratto" e ha fatto perdere soldi alla società. La grande colpa di Lara: una gravidanza non programmata.

 

"La signora Lugli, che all'epoca dell'ingaggio aveva 38 anni compiuti, ha taciuto al momento della trattativa contrattuale la sua intenzione di avere figli. Nascondendo la sua volontà di essere madre, ci ha fatto perdere punti e sponsor".


Quindi un'atleta per fare sport deve rinunciare alla maternità? E se succede deve ripagare i danni alla sua società sportiva? 


Fino a che la legislazione sportiva non cambierà sul serio le atlete saranno sempre ricattabili. O firmi quei non contratti o non puoi giocare.  Se rimani incinta non hai più reddito e lavoro e se chiedi i soldi che ti spettano vieni citata per danni. Facile poi riempirsi la bocca con la crisi demografica. 

E' assurdo il trattamento riservato alle donne atlete in Italia. E’ vergognoso che le società sportive considerino queste clausole come normali e che addirittura non paghino a un'atleta quello che le spetta come punizione per una gravidanza. E' triste che un avvocato si sia prestato a questo gioco di ricatti facendo causa per danni a Lara. 

Lara è a fine carriera e può permettersi di denunciare questa situazione incredibile, ma le atlete nel pieno dell'attività sportiva rimangono ricattabili da parte delle società in cui giocano. 



D’altronde nel nostro paese c’è un problema di rappresentanza sportiva grande come un macigno.Non c’è mai stata una presidente del Coni. Non c’è mai stata una presidente di federazione sportiva, con un'unica eccezione durata 6 mesi negli sport equestri e la positiva elezione di Antonella Granata, avvenuta lo scorso 13 Marzo per la federazione italiana squash. Lo scandaloso rapporto di genere è di 600 a 2. Dirigenti e allenatori sono quasi tutti uomini anche negli sport con grande presenza femminile e fino a quando non ci sarà un’adeguata presenza femminile nella leadership sportiva la situazione non potrà cambiare davvero e la dignità, la professionalità e i diritti della atlete continueranno ad essere calpestati. 


Il prossimo 18 Maggio ci sarà l'udienza di Lara davanti al giudice di pace. Nel frattempo possiamo sostenerla aderendo alla campagna di Assist - Associazione Italiana Atlete. Basta postare sui social una foto con #ioloso e dire a tutti che sappiamo quanto schifo faccia la situazione e che sosteniamo chiunque cerchi di cambiarla. 



La cultura sportiva del nostro paese è gestita da uomini a favore di uomini. La discriminazione di genere ne è elemento costitutivo. Il tempo è maturo per cambiare le cose! Un altro genere di Coni non è possibile, ma necessario! 


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