“Vecchio,
hai pensato un modo per vincere contro questi?”
“Passami
l’accendino. Devo pensarci io?”
“E
chi ci deve pensare? Ti ricordo che in teoria sei il coach. Tieni”
“Vabè
cazzo centra. Non va, dammi quello giallo”
“Quello
giallo quale? Comunque vedi tu. Questi sono giovani, corrono, ci
mettono intensità”
“Quello
giallo di colore giallo, lesionato. E cos’hai detto? Intensi-che??”
“Senti,
stai calmo, io accendini gialli di colore giallo qua non ne vedo. Poi
sei serio? Nessun piano partita?”
“Vai
a vedere se è dentro. E piano partita partita cosa? Non riusciamo
neanche a metterci le divise tutti dello stesso colore cosa vuoi che
prepari i piani partita?
“Ma
vai dentro tu coglione. Come pensi di batterli quindi?”
“La
butteremo in rissa. E la butto in rissa anche adesso se non vai a
prendermi l’accendino”
“Provaci
che ti crepo di mazzate”
“Ma
cosa vuoi crepare che ti scavigli la mattina a scendere dal letto”
“Ha
parlato spalletta di cristallo”
“Touchè.”
“Comunque
non possiamo buttarla in rissa. Siamo la Sanpre”
(Urlando)
“Dove cavolo sono gli accendini funzionanti in questa casa”
“Vedi in cucina”
“Sono in cucina”
“E
allora non so cosa dirti. Porta altre due birre”
“Trovato,
lo avevo in tasca. Comunque non rissa vera, era per dire che la
metteremo sul casino. Canestri sporchi, difesa aggressiva, quelle
robe là. Tanto a basket non ci sappiamo giocare in ogni caso. A sto
punto ci mettiamo l’esperienza dei ragazzi della piazza, tipo
Zanna. Basta fare tutto con il sorriso.”
“E
allora sorrideremo. È un piano anche quello in fondo”.
“Poi,
ti dico, se dovessimo uscire presto non è che mi dispiacerebbe. Tu
davvero hai voglia di stare chiuso in palestra ad allenarti fino a
fine maggio?”
“Sei
un idiota”
“Tu
sei un idiota”
“No!
Tu sei un idiota. Ma ti capisco”
“Bella
l’Arce comunque”
“Ben
detto.”
“Poi
con questo tramonto...”
“Zitto
e baciami”
“Non
qui. I vicini ci guardano”
“Lascia
che guardino, magari imparano qualcosa”
Così,
in una tranquilla serata, su un tranquillo balcone, nella tranquilla
Arcella, i nostri due amici provavano a smorzare un po’ la tensione
che da giorni ormai li ha presi dritti alla bocca dello stomaco.
Passi
la vita a sognare che arrivi un particolare momento e poi, quando
arriva, non sei mai veramente pronto.
Quel
giorno però era arrivato e non si poteva più scappare.
Il
martedì sera a Padova è solitamente un momento tranquillo. Una
birra con gli amici, un boccone al volo, magari un film e poi a letto
presto.
Quel
martedì a Padova però faceva insolitamente caldo. Di quel caldo
umido che solo la Pianura Padana ti sa regalare.
La
gente per le strade si era accorta che c’era qualcosa di strano
nell’aria ma nessuno riusciva a capire bene cosa fosse.
Solo
un piccolo gruppo di ragazzi sapeva.
Apparentemente
sembravano ragazzi normali. La faccia un po’ stordita, le occhiaie,
i capelli arruffati. Ma quel martedì potevi leggere nei loro occhi
qualcosa di diverso.
Quel
martedì iniziavano i Play-off.
(Stacco
con vista dall’alto di Padova. Inceptionator sound. Schermo nero)
(Rientro
su una tranquilla palestra in centro a Padova. Due ragazzi al centro
del campo si apprestano a saltare)
E
così ha inizio. I Nostri ancora faticano a metabolizzare la reale
portata di ciò che stanno per fare ma ormai non c’è più tempo.
Sono
le 21.15 di Martedì 17 Maggio, Anno Domini 2018. Scatta la palla a
due.
Le
indicazioni del Coach sono state poche e confusionarie. “Che Dio ce
la mandi buona” è tutto ciò che gli passa per la testa e,
guardando negli occhi i suoi giocatori, capisce che il suo non è un
pensiero estemporaneo.
La
prima la prendono loro.
Siamo
contratti. Sette mesi di allenamenti per imparare due cose se ne
vanno in fumo in trenta secondi di partita. Gli avversari ne
acchiappano subito l’inerzia e non sembrano disposti a cederla.
Sono
passati appena cinque minuti, il coach si gira verso i suoi ragazzi,
è già paonazzo, senza voce e le pezze gli arrivano alla cintura.
“Quando
finisce sto quarto?”
“Siamo
a metà”
“Sei
serio?”
È
serio.
I
ragazzi in campo ci stanno mettendo tutto quello che hanno ma
semplicemente non ne hanno abbastanza. Le facce in panchina sono
sconsolate. La tensione si sta lentamente trasformando in
disperazione. Abbiamo perso contatto con la realtà. I secondi
sembrano minuti. I minuti, ore.
Poi
un flash attraversa le loro menti.
“Attendi
il mio arrivo. Alla prima luce del quinto minuto. All’alba, guarda a est”
“MIIIIIIII”
“MIIIIIIIIIIIII”
“MIIIIII
– MIIIIIII – MIIIIII”
“MI
RICORDO UNA VECCHIA CANZONE”
“CHE
CANTAVANO SEMPRE I PRECARI”
Supporters.
L’illuminazione
artificiale della palestra li colpisce alle spalle quasi fossero
stati inviati da una forza superiore.
Eterei.
Mistici. Compatti.
L’amore
precario si fa verbo. Il tamburo scandisce il battito di decine di
cuori che saltano all’unisono.
Gli
avversari, estranei alla luce precaria, sono costretti a retrocedere
e la nostra cavalleria può finalmente avanzare.
D’un
tratto ci torna in mente chi siamo. Correre non stanca più. Le
gomitate non fanno male e la gravità, antica invenzione umana per
relegare a terra chi non ha il coraggio di volare, spezza le sue
catene.
Il
racconto della partita potrete leggerlo nei libri di storia. Il
lavoro di menestrello lo lasciamo ad altri.
Non
siamo qui per fare nomi.
Non
a siamo qui a parlare di pallacanestro.
Non
siamo qui a parlare di numeri.
La
partita alla fine si è rivelata esattamente per quella rissa di cui
si parlava a inizio racconto.
Questa
volta è andata bene a noi, la prossima volta si ricomincerà tutto
da capo e nessuno può dire come andrà a finire.
Complimenti
al Cus che ci ha messo seriamente in difficoltà e che siamo sicuri
non ci regalerà nulla in gara 2.
Complimenti
ai 12 precari in campo che hanno tirato fuori tutto, anche quello che
non avevano.
Complimenti
all’arbitro che ha gestito una partita complicata da amministrare.
Complimenti
ai precari sugli spalti che ci hanno presi per mano e accompagnati
per tutta la durata dell’incontro.
LUNEDÌ
23, ORE 21.15, IMPIANTO POLIFUNZIONALE FILIPPO RACITI, STRADA PELOSA
34/c
GARA
2 - OTTAVI DI FINALE - PLAYOFF - SECONDA DIVISIONE - PADOVA
SANPRECARIO
PALLACANESTRO – CUS PADOVA
CHI
AMA IL BASKET ODIA IL RAZZISMO!
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