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lunedì 7 novembre 2022

Il mondo sommerso della ginnastica e le responsabilità di un sistema

di: Redazione

“Come presidente del Comitato olimpico e punto di riferimento dello sport italiano sento l'obbligo di chiedere scusa a tutte le atlete ed ex atlete che hanno sofferto a causa di comportamenti inappropriati"

Alla fine le scuse di Malagò sono arrivate. A circostanziarle è stata però una narrazione di alleggerimento tipica e diffusa quando uomini di potere si trovano a commentare abusi avvenuti sul corpo delle donne : “non facciamo di tutta l’erba un fascio”,  “ancora nessun giudice si è espresso”, “se dei singoli hanno sbagliato pagheranno, ma non macchiamo l’eccellenza del movimento ginnastico italiano”. 

Va ricordato al presidente Malagò, in carica dal lontano 2013, che le prime denunce pubbliche risalgono a due anni fa. Che ad accompagnarle è stato il vergognoso silenzio della federazioni e le minacce ed i ricatti di dirigenti ed allenatori. Che ora che il confine è varcato, le dichiarazioni delle atlete si stanno moltiplicando giorno dopo giorno.

Dove sono stati in questo tempo i responsabili del sistema sportivo italiano.  Chi di essi ha il compito di vigilare su allenatrici e allenatori che lavorano con bambine e adolescenti? Che cosa continua a sfuggire al presidente del CONI che si ostina a parlare di episodi su singole atlete?

In fondo le risposte si riducono ad un dato. Per il nostro sistema sportivo, governato in maniera unilaterale da figure maschili, i festosi caroselli ornati di ori al collo varranno sempre il prezzo delle vessazioni subite dai corpi delle atlete. 


LE DICHIARAZIONI DI NINA ED ANNA

































Nina Corradini e Anna Basta hanno rotto il silenzio, hanno sfidato la Federazione, le società sportive e tutto il mondo della ginnastica. 


Nina Corradini è nata nel 2003 e inizia la sua carriera come ginnasta nel 2011. Ha 8 anni. Nel 2016 arriva seconda ai Mondiali di Categoria. Ha 13 anni. Nel 2017 viene convocata nella squadra junior italiana, e viaggia per le competizioni, tra Mosca, Kiev, Sofia e Budapest, vincendo una medaglia d’oro, una d’argento e una di bronzo. Ha 14 anni. Nel 2018 diventa campionessa nazionale. Ha 15 anni e nel frattempo ha cambiato 4 società sportive. Nel 2019 viene convocata nella squadra nazionale senior. Ha 16 anni. Nel 2021 interrompe la sua carriera sportiva. Ha 18 anni. 


“Cercavo di mettermi ultima in fila, non volevo essere presa in giro davanti alla squadra. L'allenatrice mi ripeteva ogni giorno: "Vergognati", "mangia di meno", "come fai a vederti allo specchio? Ma davvero riesci a guardarti?". Una sofferenza…Mangiavo sempre meno ma ogni mattina salivo sulla bilancia e non andavo bene: per due anni ho continuato a subire offese quotidiane” 


E ancora: “Mi pesavo 15 volte al giorno. Il lassativo mi disidratava e, non mangiando, non avevo più forze. Mi ammalavo, avevo poco ferro nel corpo. Una volta sono svenuta a colazione, ma le allenatrici mi hanno fatto andare lo stesso in palestra, pensavano fosse una scusa…Il cibo era diventato un incubo, pensavo alle conseguenze del mangiare determinati alimenti. Avevo imparato che di notte perdevo 3 etti e che un bicchiere d'acqua ne pesava 2”.  


"Durante il mio periodo in squadra non ho mai parlato dei problemi con i miei genitori, neanche con le compagne: la competizione era molto alta, era più forte dell'amicizia. Inoltre credevo che loro stessero bene, mi sentivo quasi in colpa a stare male". 


Anna Basta è nata nel 2001 e inizia con la ginnastica nel 2005. Ha 4 anni. Nel 2015 partecipa agli Europei di Minsk con la Nazionale Juniores. Ha 14 anni. Nel 2016 entra a far parte della Nazionale senior. Ai campionati mondiali nel 2017 vince un oro, nel 2018 un oro, un argento e un bronzo, nel 2019 vince un bronzo. Ha rispettivamente 16, 17 e 18 anni. E’ una promessa della ginnastica ritmica quando decide di smettere, nel 2020. Ha 19 anni. 


Nina usava i lassativi? Io prendevo le Dieci Erbe, delle pastiglie che aiutano ad andare in bagno. Il problema è che le ho usate in modo improprio. Mi rendevo conto di essere arrivata a un punto in cui non vivevo bene con me stessa, in cui non riuscivo a guardami allo specchio». 


Anna arriva a pensare al suicidio: “Una volta non ho agito perché è entrata una persona in stanza e mi sono scossa. La seconda ero in mezzo alla gente. Volevo fare ginnastica, non volevo soffrire e basta”. “Appena ho cominciato a parlare ho incrinato molti rapporti, ci sono state reazioni brutte però io vado avanti, lo faccio per le bambine”. 


“Da atleta, tante volte mi sono odiata e non piaciuta per ciò che ero, troppe volte ho dovuto chiedere scusa per essere me stessa. Per questo motivo da quel 4 maggio 2020, piano piano, ho iniziato a costruire la mia strada verso la serenità, mattoncino dopo mattoncino. La mia amata ginnastica, dal mio sogno più grande era diventata il mio peggiore incubo.” 



EFFETTO DOMINO E RISPOSTE ISTITUZIONALI 



La complicata scelta di Anna e Nina, ha dato il coraggio ad altre atlete di uscire allo scoperto aprendo un vaso di pandora che non poteva rimanere ancora sigillato e nascosto dalle società sportive, dalla federazione e dal CONI. 


La padovana Giulia Galtarossa dichiara: “Sono arrivata a pesarmi anche 4 volte al giorno: era diventato un problema anche bere mezzo litro d’acqua dopo ore di allenamento. Una volta un’assistente dello staff mi ha urlato in un ristorante, un posto convenzionato con la federazione. Stavo sbucciando una pera. Entra e mi guarda con occhi sgranati, per poi dirmi: “Giulia, tu ti stai mangiando una pera?”. Non potevo. Uno o due etti cambiavano la giornata in palestra. Una volta mi hanno dato una dieta e alla fine c’era scritto un messaggio per me: “Abbiamo un maialino in squadra”. 


E ora finalmente anche le più piccole provano a ribellarsi a questo sistema malato. Due giovani e promettenti ginnaste di 13 e 15 anni tesserate in una società bresciana, decidono di lasciare la ginnastica e denunciare lo staff sportivo per maltrattamento, bullismo e violenze psicologiche. 


La Federginnastica dichiara: "La Fgi non tollera alcuna forma di abuso ed è sempre al fianco di tutti i propri tesserati. Lo sport, con la ginnastica in primis, è rispetto della persona, celebrazione del talento e del benessere. Sono state date disposizioni perché siano immediatamente informati la Procura Federale e il Safeguarding Officer per gli accertamenti e le azioni di rispettiva competenza". 


Il neo ministro dello sport Andrea Abodi convoca il presidente del CONI Malagò e il presidente di Federginnastica Gherardo Tecchi. 


Malagò alla fine dell’incontro dichiara: "Giusto fare chiarezza, giusto subito verificare tutto ma il movimento è sano, serio, il movimento è rispettoso delle regole poi se ci sono stati episodi su singole atlete che devono essere verificati non mi permetto di dare dei giudizi". 


Ma come possiamo pensare che nessun* fosse al corrente di questa situazione?



UN SISTEMA DA CAMBIARE. TUTELA DELLA SALUTE E PREVENZIONE DEGLI ABUSI




Diamo per scontato che quello dello sport sia un ambiente sano per definizione, ma quando le medaglie diventano più importanti della salute fisica e mentale di atlete e atleti è evidente che c’è qualcosa di sbagliato. 


Le atlete di cui parliamo iniziano la carriera sportiva quando sono ancora delle bambine e iniziano a competere ad alti livelli da adolescenti. Quanto cambia il corpo di una ragazza a 14 anni? La pressione sociale per la ricerca di un corpo conforme allo standard dei media è opprimente ad ogni età per una donna, ma lo è in maniera ancor più invadente in adolescenza. Se ogni giorno un’atleta adolescente viene messa su una bilancia, davanti a tutt*, per controllare il suo peso e umiliata per non avere il peso ideale secondo lo staff del momento, le conseguenze sono quelle denunciate dalle ginnaste. Disturbi alimentari, traumi psicologici, rifiuto per il proprio corpo, quel corpo che nello sport agonistico è strumento per raggiungere i risultati. 


La vita di queste atlete fin da quando sono bambine si svolge dentro la palestra. Anche lo studio viene dopo gli allenamenti. La vita sociale si svolge quasi esclusivamente nel contesto sportivo. Allenatrici e allenatori e tutto lo staff sportivo sono per loro come una famiglia, spesso sono lontane da casa per quasi tutto l’anno e la loro vita è fatta di allenamenti e competizioni. 


Quanti adulti ci sono in palestra durante gli allenamenti? Quanti sono presenti alle umiliazioni, al controllo quotidiano del peso, alla violenza psicologica? Chi ha il compito di denunciare, di intervenire, di cambiare le cose? 


Perché poi sta qui la  distinzione che occorre porre fra un sistema malato che si nutre di periodiche scuse di circostanza ed una metodologia sana che persegue i risultati sportivi solo al pari della salute e del benessere individuale. 


Se vogliamo che l’ambiente sportivo sia sano ad ogni livello, dobbiamo trovare il modo di vigilare sulle società sportive, chiedendo chiarezza su cosa stanno facendo perché il contesto che fa loro riferimento sia controllato, perché gli allenatori da loro scelti siano formati, non abbiano precedenti, siano attenti alle esigenze di atlete e atleti. 


Ora come ora in Italia, gli organi preposti a vigilare su abusi e violenze nei contesti sportivi, sono assenti e gli allenatori ed i dirigenti non sono sufficientemente formati ed esercitano su atlete ed atleti un potere pressoché assoluto. 


Per denunciare si deve rinunciare alla propria carriera sportiva, e se questa è l’unica cosa che si è fatta per tutta la vita, il prezzo da pagare è decisamente troppo alto. 


Qualche settimana fa è uscito il libro fotografico di Filippo Tommasi “Io sono”, in cui 17 ex ginnaste si raccontano, mostrando il proprio corpo. Le ragazze raccontano della loro storia e del loro rapporto con il peso, con i cambiamenti in adolescenza e di come la ginnastica le abbia cambiate, nel bene e nel male. Non siamo di fronte a qualche singolo caso, ma a una situazione endemica, che nella ginnastica, ma non solo, crea atlet* competitive ad altissimi livelli, ma non si occupa della loro salute. 


Parliamone, per fare in modo che nessun* rimanga inascoltat*, scriviamo, discutiamo, pretendiamo un cambiamento, come sempre, a partire dal basso. 



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