E insomma in tutto gennaio non abbiamo buttato fuori neanche mezzo resoconto delle partite del basket. Non ci nasconderemo millantando impegni improrogabili che ci hanno impedito di narrare le gesta precarie. Semplicemente fino a lunedì, di quattro partite giocate, ne avevamo perse tre. Sapete com’è, finché andava tutto bene era facile fare i brillanti con sagaci battute sulle nostre prestazioni annichilenti ma poi, nel momento in cui abbiamo iniziato a perdere, mutismo e rassegnazione. Nessuno si proponeva di scrivere un pezzo su quella partita imbarazzante in cui siamo andati a prendere schiaffi dalla penultima in classifica. Con tutto il rispetto ovviamente.
Ma
lunedì siamo tornati a vincere, abbiamo giocato bene e ci siamo
divertiti. E allora rieccoci, pungenti e sarcastici come ai tempi
d’oro. Come se nulla fosse successo.
Si giocava in casa, in quello che ormai per tutti è “il pala-ghiaccio”, e si giocava contro la temibile compagine di Porto Tolle, che non pochi grattacapi ci aveva causato all’andata.
Ad
appena un mese dal rientro dalle ferie di natale riuscivamo a
recuperare quasi tutti i componenti che ci mancavano per riassemblare
la macchina precaria e il quintetto base tipico delle grandi
occasioni ne è era la prova.
Cambiamo
quindi il tempo verbale e veniamo al racconto della partita. Pronti
via e Capitan Fattori, Lollo, lo Sceriffo, Eugenio e Huba iniziano
subito a mettere le cose in chiaro con attacchi svizzeri e difese
sovietiche.
Qualche
presagio su quello che sarebbe stato l’andamento della partita lo
abbiamo avuto sin dalla prima azione, quando Eugenio, dal nulla, ci
cala una tripla in transizione come non se ne vedevano da un po’
sui linoleum della seconda divisione padovana.
Se
parti così il resto non può che essere tutto in discesa.
E
così è stato. Il cestista precario, lunedì 5 Febbraio, dalle 21.30
alle 23.00, alla palestra Filippo Raciti di Strada Pelosa 34/c,
Padova, semplicemente non poteva sbagliare.
In
gergo ci sono due modi di dire piuttosto eloquenti per definire una
situazione simile: “vedere una vasca da bagno al posto del
canestro” oppure “quelli lì hanno mangiato Hamburger prima di
giocare”. Per noi valevano entrambe.
Anche
con l’inizio delle rotazioni, in quegli attimi sempre un po’
difficoltosi in cui i nuovi entrati devono prendere confidenza con la
partita, la fanfara precaria non smette mai di suonare. La second
line, che di fatto è seconda linea solo perché fuori dal campo è
sempre in prima linea e poi al momento di giocare deve prima
combattere contro i fantasmi delle serate passate a bere vodka di
dubbia provenienza in locali di dubbio gusto, non si fa aspettare, e
nel giro di due tre minuti crea un primo strappo che ci permetterà
di amministrare in tranquillità il resto della partita.
E
adesso non possiamo non parlare di Egon. Lo starnazzatore dal tiro
implacabile, l’ectomorfo che ti guarda dal basso, l’erede al
trono di Elitovio, che 2500 anni fa attraversò le Alpi per
stabilirsi nel bresciano (contento lui), non lascia spazio ai dubbi.
Dieci, forse quindici minuti in campo per colpa di un allenatore
evidentemente estraneo al concetto di talento, e quattro canestri
dalla media figli di quel quel tiro mortifero che ormai tutta la
provincia di Padova ha imparato a conoscere e temere. Ma non solo:
intelligenza tattica, letture offensive e difesa arcigna. Se pensiamo
che l’anno scorso a quuest’ora il ragazzo si palleggiava sui
piedi anche solo guardando il basket in televisione, a oggi non
possiamo che commuoverci. La Sanpre insegna, la Sanpre forma, la
Sanpre plasma.
Ma
non solo Egon sulla plastica del pala-ghiaccio. Se come già detto il
quintetto base non concede sconti a nessuno è la second unit che
regala le emozioni vere e ci permette di controllare i ritmi del
match.
Vi
stiamo parlando di un Pietro Dogg che a sbagliare proprio non ci sta.
Money in the Bank dall’arco, coltello caldo nel burro freddo in
penetrazione e, cosa più importante, speaker radiofonico in difesa.
Vi
stiamo parlando di Angelone, che sta nel suo tutta la partita e
decide che sul più venti a cinque minuti dalla fine è arrivato il
momento di rimpolpare il foglio statistiche.
Vi
stiamo parlando di Ricky Zampa, uomo squadra totale che chiede al
coach di partire dalla panchina per rispetto verso i compagni che a
differenza sua si sono allenati tutto il mese.
Non
vorremmo parlarvi invece di Professor X Ogbemudia ma alla fine due
stronzate se le meritano tutti. Il moviolone entra un po’ confuso,
in prima elementare dico, e al termine del suo percorso scolastico
decide di affidare la sua formazione ali precari. Ora, a tre anni di
distanza, sta finalmente iniziando a imparare gli schemi di quel
fatidico 2015 ma in sua difesa possiamo dire che quando ti porti
dentro quel tipo di talento cristallino, la conoscenza del gioco
diventa un concetto relativo e il nostro Tyrone in campo continuerà
sempre a fare quello che gli pare, quando gli pare. Nel bene e nel
male.
Finisce
quindi 72-53 la terza di ritorno per i precari del cestismo. I
tabellini sto giro non avviamo voglia di andare a recuperarli. Vi
basti sapere che abbiamo fatto canestro tutti ma che lo sceriffo,
Eugenio e Pietro Dogg ne hanno fatti un po’ di più.
Ci
rivediamo venerdì 16 febbraio. Partita importante per provare a
scalzare i secondi in classifica tra le vecchie mura amica delle
scuole Einaudi.
LOVE
BASKET HATE RACISM!
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