Il Welcome Team della Polisportiva San Precario e la Palestra Popolare Galeano
Vorrei qui intenderla non solo come esercizio del corpo fisico, spostamento di persone o oggetti, bensì come cambiamento di stato, produzione d’azione quindi in un certo senso vitalità. Quel tipo di vitalità, freschezza e compartecipazione che oggi viene messa in pericolo e progressivamente sostituita da quella che mi piace definire “campagna in favore dell’individualismo”. Ed è davanti a questo stato di cose che lo studente padovano, ma diciamo meglio l’uomo, perde la sua umanità, la sua dimensione sociale per lasciare spazio all’istintualità bestiale che lo caratterizza. La morte che compare giornalmente sugli schermi televisivi, a cui noi costantemente cerchiamo di attribuire un qualche statuto di verità, è diventata convenzionale, tanto che davanti ai cambiamenti sociali, politici e geopolitici del nostro continente, l’uomo non sembra provare l’emozione del rinnovamento, la stimolazione della novità o semplicemente la paura del cambiamento, ma solo ed esclusivamente la staticità del rifiuto e l’immobilità del pensiero. Così assistiamo sui social network, ma anche sulle pagine dei giornali, alla continua denigrazione della parte antagonista: migranti e minoranze sessuali per esempio sono sempre più attaccate dalle politiche europee e locali. Assistiamo quindi, senza neanche troppo stupore, all’applicazione di metodi di discriminazione, non solo sul piano delle relazioni personali, ma sul piano legislativo; vengono eretti muri non solo ideali, ma drasticamente materiali.
È davanti a questo sfondo che nasce il Welcome Team della Polisportiva San Precario. Progetto che nasce come risposta all’emergenza migratoria che il nostro paese si trova ad affrontare, di fronte al dilagare di sempre nuove forme di razzismo. Il Welcome Team si presenta dunque come una squadra di calcio a cinque con una rosa che fa della sua eterogeneità la forza più grande. Si vede composta da studenti, migranti e precari assieme, per dimostrare come le differenze d’etnia, religione, provenienza, che tanto spaventano alcuni, siano in realtà una delle nostre più grandi ricchezze. Lo sport diviene quindi un’arma potente perché pratica inclusiva e destinata a eliminare ogni tipo di discriminazione; linguaggio universale tra culture diverse e momento di riflessione in quel cammino che vuole portare alla trasformazione della semplice accoglienza verso la contaminazione senza separazione. Cosa succede allora nei quartieri universitari della nostra città? In molti di questi sta progressivamente prendendo piede la concezione che sia naturale il processo di annullamento di tali istanze, mediaticamente potenziato dall’uscita dei decreti anti-degrado della giunta bitonciana. Noi sappiamo invece che è proprio in queste piccole circostanze d’incontro tra multiculture che risiede la ricchezza di un luogo. É nella quotidianità di una vita caotica che lo statico si estrae dallo sfondo e diventa qualcosa, un perché, un’immagine fissa e significativa in un mondo liquido. Ed è così che mi sono ritrovata a guardami intorno, a cercare di capire come nella mia città si cerca di opporsi, giustamente, a questa staticità, come ci si svincola dalle catene che ci legano al triste destino dell’impossibilità del cambiamento.
Come già detto sono molte le realtà che sul suolo patavino operano attivamente per l’integrazione dei migranti, pensiamo al successo della manifestazione Padova accoglie o alle diverse scuole d’italiano per stranieri, tra cui Libera la parola; ma è sui centri di quartiere diretti specialmente ai giovani studenti che ora il mio pensiero si vuole soffermare. Pensiamo quindi a come lo sport sia una forma semplice e genuina d’aggregazione in quanto comporta che il singolo si faccia parte di una collettività attiva. Potrebbe sembrare dunque una banalità associare al nostro tema “movimento” il facile collegamento dell’attività sportiva, ma non è tanto sul movimento fisico tecnico che ci vogliamo concentrare quanto su come questo viene svolto: lo sport, inteso come linguaggio d’inclusione e condivisione, luogo naturale d’incontro e contaminazione. Ed è a questo punto che parliamo della Palestra Popolare Galeano, che nasce nel cuore di quartiere Portello e più precisamente in via Gradenigo 8.

Ma è a stare a contatto con queste persone che animano attivamente lo stabile e che sono energici nell’usare le proprie forze per creare qualcosa di nuovo e sincero, che ci accorgiamo di come sia necessario il nostro movimento non solo verso il diverso, ma anche semplicemente verso l’altro e ricreare il contatto che accende ogni lampadina.
Articolo di Proxy tratto da " la Marionetta", Ottobre 2015 #12.
Consigliamo vivamente una visita al blog: La Marionetta - Rivista indipendente ideata da studenti
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