Quando qualche mese fa abbiamo ricevuto l'invito a
partecipare, come Polisportiva Sanprecario, al meeting "Educare alle
differenze V" a Palermo, non sapevamo che avremmo incrociato sul nostro
cammino persone, associazioni e realtà molto diverse, ma unite da un unico
scopo: un'educazione laica, che fa delle differenze un valore e una risorsa. In
questo periodo storico ricco di paura del diverso e di propaganda politica che
la promuove, incontrare così tante individualità sensibili a questo tema e
disposte a mettersi in gioco, è un valore da non sottovalutare.
Il meeting è stato ideato e
promosso da SCOSSE, Stonewall, Progetto Alice e da oltre 250 associazioni del
territorio nazionale ed è un'iniziativa nata basso e autofinanziata.
Il 29 e 30 settembre si sono
concentrati, presso i Cantieri Culturali della Zisa, molti e diversi laboratori
in sessione parallele, conversazioni in cui confrontarsi su temi sensibili,
teatro, musica e arte. Nella plenaria introduttiva e conclusiva si è compreso il
punto di partenza, descritto con emozione dalle associazioni promotrici e i
tanti punti ancora da raggiungere, dandosi l'appuntamento per Educare alle Differenze
6 a Pisa.
Passeggiando per i Cantieri abbiamo incontrato i vari stand
associativi, mostre, uno spazio dedicato alla libreria, sensibile agli
stereotipi di genere, e attività per famiglie e bambini. Un insieme di eventi
ricchi di spunti di riflessione, che mirano a mostrare come le differenze
possano essere sempre un risorsa e non un limite.
Ma facciamo un passo indietro. Da circa un anno e mezzo la
Sanprecario si è interessata allo sport femminile in Italia e alle
discriminazioni che la legge 91/81 permette, delegando la scelta degli sport
professionistici a Coni e Federazioni Sportive. Il risultato è
"stupefacente": gli unici 4 sport professionistici sono calcio,
basket, golf e ciclismo, tutti e 4 declinati solo al maschile. Ogni atleta
donna (e tutti gli atleti uomini delle altre numerose discipline) in Italia è
quindi per legge, dilettante. Le conseguenze sono drammatiche
perché in quanto
dilettanti le atlete e gli atleti non hanno le tutele di base di un lavoratore,
come ad esempio il pagamento dei contributi pensionistici, la tutela in caso di
invalidità o maternità, una dignitosa assicurazione sanitaria. Per le donne la
situazione è per quanto possibile ancora più grave, a causa delle clausole
anti-maternità, che prevedono la rescissione automatica del contratto nel caso
in cui l'atleta rimanga incinta.
Alla luce di questa scoperta la prima reazione possibile è
stata l'indignazione. Dopo aver parlato con molte atlete di alto livello ed
esserci confrontati con l'Associazione Italiana per i Diritti delle Atlete
(ASSIST), abbiamo approfondito la nostra riflessione lanciando la campagna
"Same Sport Same Rights", ancora all'inizio del suo lavoro, a causa
delle evidenti difficoltà a trovare un modo pratico e applicabile per
migliorare la situazione.
Ci siamo spinti anche oltre, cercando di comprendere e
riconoscere gli stereotipi di genere che utilizziamo quotidianamente senza
rendercene conto, radicati nella nostra cultura e così presenti da passare
inosservati. Gli stereotipi sono un indispensabile strategia di
categorizzazione, utili perché velocizzano l'elaborazione di un mondo di
esperienze variegato, sempre in cambiamento. Utilizziamo le conoscenze che
derivano dagli stereotipi per prevedere, rappresentarci e valutare il
comportamento delle singole persone. Nel caso del genere, non importa cosa
effettivamente facciano gli uomini e le donne, anche se si tratta delle stesse
attività, l'essere maschio o femmina ne sottolinea la differenza. Così una
donna calciatrice è percepita come bella o al contrario poco femminile, un uomo
calciatore come un atleta, forte, dotato.
Ci siamo anche chiesti come prevenire l'uso degli stereotipi
di genere e la risposta è stata quella educativa: partire dai bambini,
insegnando loro il valore delle differenze, poteva essere una delle risposte.
Anche per questo abbiamo scritto il progetto che si è poi trasformato nel laboratorio
portato al meeting "Educare alle differenze V" a Palermo: "Same
Sport Same Rights: il genere influenza la scelta dello sport?". Il
laboratorio, rivolto a insegnanti,
professionisti/e dell’educazione, operatori e operatrici del sociale, ci ha permesso
di riflettere sul nostro uso degli stereotipi di genere nella descrizione degli
sport e delle caratteristiche che rappresentano il maschio e la femmina.
Solo con la consapevolezza
potremo poi, in quanto adulti, cercare di non influenzare la scelta dello sport
nei più piccoli usando il genere come criterio, sperando in un mondo in cui lo
sport unisce e non separa, esalta le differenze e non le nasconde; in un mondo
che valorizza tutto lo sport, indipendentemente dal genere e dalla razza e
rende gli spazi per praticarlo accessibili a tutti.
Con il ricordo della bellezza
di Palermo, con le sue meraviglie e le sue contraddizioni, siamo tornate a
Padova con molti altri spunti per portare avanti la nostra campagna Same Sport
Same Rights, per i diritti delle atlete e la nostra riflessione sul genere, i
suoi stereotipi e i suoi significati.
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