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giovedì 23 marzo 2017

SYDE BY SYDE - PRECARI A VENEZIA

Turchia, Grecia, Ungheria, Gran Bretagna. Ma anche India, Corea e America del Nord. A oggi, in tutto il mondo, sono più di settanta i muri eretti a confine nazionale. Muri che sono destinati ad aumentare. Muri che dividono e discriminano. Muri che non sono solo quelli a migliaia di chilometri da noi che impediscono alle persone di muoversi liberamente. I confini più pericolosi, quelli che a lungo andare ci presenteranno il conto più salato, li troviamo nelle nostre città. Li troviamo nei sindaci che rifiutano di accogliere nel proprio comune, li troviamo nei comitati di quartiere anti-immigrato, li troviamo nella distruzione degli appartamenti destinati ai migranti. Troppo spesso ormai capita di leggere notizie del genere. Segnali di razzismo dettati dalla paura e dall'ignoranza che non possiamo permetterci di accettare come la normalità. Il razzismo non è accettabile in nessuna sua forma. Non si può permettere che diverso diventi sinonimo di pericoloso. Per questo e per molti altri motivi, e a seguito dell’appello della ong greca City Plaza volta a una mobilitazione internazionale, domenica 19 Marzo oltre cinquemila persone hanno partecipato al corteo Side by Side a Venezia.



Cinquemila persone che nel giorno della prima ricorrenza dell'orrido accordo UE-Turchia, sono scese in piazza per dimostrare che un'accoglienza degna e diffusa è tanto possibile quanto necessaria. Per quello che è il nostro DNA e per l'impegno che ogni giorno portiamo avanti in questa direzione dentro e fuori i campi di gioco, abbiamo deciso di aderire all'appello e, in pieno stile precario, siamo scesi nelle calli veneziane per manifestare e condividere le nostre esperienze e i nostri progetti.  E come noi moltissime associazioni, collettivi e singoli cittadini che giornalmente si impegnano a portare avanti pratiche di buona accoglienza, con la speranza di riuscire a costruire, un po' alla volta, un futuro migliore sia per chi in questa casa ci vive da sempre, sia per chi ci è capitato, costretto a scappare dalla propria.  


Perché è importante ribadire un concetto: nessuno vuole parlare di carità. Queste persone non chiedono la nostra carità. Hanno bisogno di noi tanto quanto noi abbiamo bisogno di loro. Accoglienza non è quella dei grandi centri di detenzione come i CIE, non è quella degli hotspot e tanto meno quella che il nuovo decreto Minniti vorrebbe imporre. Accogliere significa creare progetti sostenibili, collaborare per ampliare le nostre prospettive, produrre nuovi posti di lavoro, creare reddito. Accogliere significa permettere che delle persone possano riconquistarsi la propria dignità. Persone che hanno perso tutto, che sono state costrette a scappare dalla propria casa o che hanno deciso di mettersi in viaggio per provare a costruirsi un futuro migliore. Dignità che l'Europa con i suoi provvedimenti gli sta togliendo ogni giorno che passa. Il migrante prima di tutto è un padre, una madre, un figlio o una sorella, e non chiede niente se non la possibilità di riprovarci. Tale processo di accoglienza diffusa deve andare a coprire ogni aspetto della nostra vita e a questo proposito lo sport gioca un ruolo fondamentale.



La stessa Unione Europea sancisce chiaramente che “Lo sport è un'attività umana che si fonda su valori sociali, educativi e culturali essenziali. È un fattore di inserimento, di partecipazione alla vita sociale, di tolleranza, di accettazione delle differenze e di rispetto delle regole.” E proprio su queste basi la nostra polisportiva negli anni si è impegnata a combattere numerose battaglie nel campo dell'accoglienza. Ultima delle quali la campagna We Want To Play che mira proprio ad abolire quegli articoli discriminatori presenti nel Norme Organizzative interne della FIGC nazionale. Per questo siamo scesi in piazza Domenica, per questo continueremo a rimboccarci le maniche insieme a tutti quelli che in quella piazza hanno camminato al nostro fianco.

Polisportiva San Precario - Ama lo sport - Odia il razzismo!


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