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venerdì 5 agosto 2016

NO ONE IS ILLEGAL FOR PLAYING - I PRECARI AL NO BORDER CAMP


Ci sembra doveroso accompagnare la nostra recente esperienza al No border camp di Salonicco con una riflessione finale che cerchi di andare al di là delle belle foto e delle belle parole. Questo perché esperienze del genere ti segnano. Magari non te ne accorgi subito ma è inevitabile che dal momento in cui entri a contatto con una realtà così assurda nella sua brutalità, qualcosa dentro di te scatta. E allora inizi a porti delle domande su quello che stai facendo. 

Come Polisportiva Sanprecario, nel nostro piccolo e nei limiti dello spazio che ci è stato concesso all'interno di un panorama molto più grande di noi, abbiamo sicuramente fatto il possibile e possiamo garantire di averlo fatto bene. Siamo arrivati con i nostri palloni, le nostre maglie, qualche attrezzatura sportiva e abbiamo cercato di regalare a giovani e giovanissimi un momento di gioia e serenità. C'è però un punto sul quale è molto importante riuscire a fare una riflessione un minimo più coscienziosa. Quello che l'Europa con i suoi provvedimenti indegni sta sottraendo a queste persone non è solo un letto comodo, quattro mura o un campo per giocare, bensì una condizione che dovrebbe essere alla base dell'esistenza di ogni essere umano: la dignità. 


Parliamo di uomini e donne che prima di lasciare le loro case erano ingegneri, infermieri, operai e maestri. Persone che da un giorno all'altro si sono viste togliere tutto e che ora sono costrette semplicemente a sopravvivere, giorno dopo giorno, umiliazione dopo umiliazione. Perché di questo si tratta: ritrovarsi completamente impotenti, rinchiusi in un recinto, ad aspettare che qualcuno decida qual è il prezzo del tuo futuro. E' fondamentale capire che nessuno di loro vuole la nostra carità. Ciò che chiedono è semplicemente che non gli sia tolta la possibilità di condurre una vita indipendente e dignitosa. Una possibilità questa che va al di là della ricchezza o della povertà, delle gioie o dei dolori e, cosa più importante, una possibilità che mai dovrebbe essere soggetta alla scelta arbitraria di qualcun altro, perché è in questo modo che la dignità ti viene sottratta. Allora tu, ragazzo italiano che per due ore una mattina di Luglio incroci le loro vite, giochi con i loro figli e le loro figlie, ti chiedi se veramente stai facendo qualcosa di utile perché tutto questo rischia di trasformarsi inevitabilmente in un'arma a doppio taglio. 


Certo, ora i bambini e le bambine del campo di Vasilikia nella periferia di Salonicco, hanno dei nuovi palloni con cui giocare e per una mattina la monotonia forzata delle loro esistenze è stata spezzata da qualcosa di nuovo e quantomeno buffo. Ma uscendo dal campo, al piccolo Omàr che ti tira per la maglietta e ti chiede se vi vedrete domani, ti trovi a rispondere che domani no, domani noi torniamo a casa a rifugiarci nella nostra routine, mentre lui resta lì, con un pallone in più ma con un pezzo del suo futuro che giorno dopo giorno si sgretola tra quelle mani troppo giovani, rese impotenti dal nostro egoismo. Sicuramente il semplice aiuto che nel nostro caso si è tradotto come condivisione di materiale sportivo e umano è un passo fondamentale che tutti noi dovremmo compiere per provare ad aiutare pragmaticamente queste persone a sopravvivere a un quotidiano frustante oltre il limite della sopportazione ma è oltremodo importante capire che il nostro percorso non può e non deve fermarsi qui. 


Questi quattro giorni a Salonicco sono stati un inizio e ora, insieme a realtà amiche come Over The Fortress, Global Project, Melting Pot e Agire Nella Crisi, le quali come e più di noi stanno cercando di combattere questa miopia che dentro e fuori dall'Europa sta letteralmente uccidendo migliaia di persone, andremo avanti creando nuovi progetti, nuove carovane e nuove proposte per cercare un alternativa umana a queste tremende cicatrici chiamate confini.

No one is illegal for playing! 


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